Descrizione di carattere storico artistico relativa all’oggetto
L’originaria collocazione della paletta è ignota: la prima notizia a oggi nota sembra collocarla entro un nucleo di opere depositate presso la Biblioteca Queriniana a seguito delle soppressioni napoleoniche e richieste nel 1807 dalla Municipalità per arredare il palazzo della Loggia. Con l’apertura della Pinacoteca Civica la tela fu presto musealizzata: risulta infatti esposta nelle sale di palazzo Tosio già a partire dal 1854. Viste le non grandi dimensioni (cm 270x152), si può supporre che fungesse anticamente da pala d’altare per una cappella o per un oratorio.
La scena, immaginata tra le rovine di un edificio monumentale, mostra la Vergine che tiene in braccio il Bambino; accanto a lei San Giuseppe e, sullo sfondo, due pastori ritratti con realismo. Proprio a motivo di questa attenzione quasi dialettale al vero (si noti il delizioso dettaglio dell’asino che raglia), la critica del primo Novecento ha ravvisato nel dipinto un influsso di Romanino, che deve essere letto come indice di un precoce e comune interesse per il verismo inteso come aspirazione religiosa di natura pauperistica.
Il raffronto con la celebre Pala Rovellio, anch’essa conservata in Pinacoteca e datata 1539, permette di collocare il dipinto agli anni 1539-1540: la medesima impaginazione con lo spostamento della struttura architettonica (addirittura, la medesima struttura architettonica, ma qui ridotta in rovina), la medesima compattezza nel costruire i gruppi delle figure, l’identica fisionomia della Vergine e l’ampiezza del panneggio, che in entrambi i dipinti è mosso da pieghe perpendicolari e ricade a terra gonfio, e infine il comune affacciarsi di tipi fisionomici come quello del Bambin Gesù fanno pensare alla stessa epoca di realizzazione.
Informazioni sullo stato della conservazione
La tela è stata sottoposta a due interventi di restauro, uno nel 1914 e uno nel 1920, quest’ultimo per rimediare ai danni causati – quando la paletta fu ricoverata a Roma in coincidenza con la prima guerra mondiale – dal trasporto e dalla permanenza in condizioni non del tutto ottimali. Al rientro in Pinacoteca, l’opera presentava “gravissime muffe”, che lo ricoprivano dal sotto e dal tergo. Dopo ripetuti trattamenti a base di formaldeide, rimaneva una larga striscia, in alto, dove le muffe, alterando la parte della foderatura, avevano addirittura asportato o alterato il colore. Si rimediò con un minuto, paziente ritocco con colore a tempera”. La striscia in questione, interessata da muffe e lacune di colore, è individuabile tuttora a tergo per la presenza di fitte macchiature.
Malgrado la presenza delle macchiature, generate in passato dal proliferare delle muffe, alterazioni che si manifestano solo a tergo e non sono individuabili sul fronte, non sembra vi siano attacchi microbiologici in atto. Gli strati pittorici, ad una prima osservazione, non denotano aree di distacco, decoesione o sollevamenti di colore. La tecnica esecutiva, magra e liquida, consentiva un’ottima adesione delle coloriture al supporto tessile, solitamente preparato con apprettature a colla.
È probabile che le parti di consunzione, segnalate nel 1920, siano tutt’ora mascherate dai risarcimenti di restauro, e pertanto scarsamente individuabili. Al contrario si possono distinguere chiaramente frequenti tocchi di colore alterato, applicato nei passati restauri per risarcire lacune o abrasioni, per lo più di modeste dimensioni. Ritocchi più consistenti sono individuabili nel cielo e sulle architetture, oltre che sul manto giallo di San Giuseppe. Depositi coerenti di polveri ingrigiscono e patinano la pellicola pittorica.
Informazioni sulla fruizione e orari di apertura
Con la riapertura della Pinacoteca Tosio Martinengo, prevista per inizio 2018, il dipinto sarà esposto entro il percorso permanente, nella sala riservata alla pittura bresciana di soggetto devozionale, insieme alle opere di Romanino e Callisto Piazza.
La Pinacoteca sarà aperta regolarmente, dal martedì alla domenica, secondo gli orari stagionali del sistema museale amministrato da Fondazione Brescia Musei.