Attività principali dell'istituzione
Il Complesso monumentale del Castello e del Parco di Racconigi è una delle più note dimore dei Savoia; dal 1997 è iscritto nella Lista del patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO come parte del sito seriale delle residenze sabaude.
Concepita come un sistema organico dove il castello, con le sue pertinenze, si integra con l’ampio parco di oltre 170 ettari che si apre a nord, la tenuta è stata frequentata dai Savoia durante le villeggiature estive fino al 1946 e storicamente si qualifica come “casa del re”, in equilibrio tra la dimensione privata e quella pubblica. Le strutture, gli ambienti aulici e gli spazi domestici, le raccolte artistiche e i tanti oggetti d’uso comune che ancora si conservano in loco compongono infatti un unicum che ne segna indelebilmente l’identità e ne testimonia la funzione abitativa svolta dal Seicento fino alla metà del secolo scorso.
Il Complesso possiede un patrimonio vastissimo, che annovera oltre novemila beni mobili, realizzati tra il Cinquecento e il Novecento, con una concentrazione sui secoli XVII, XVIII e XIX; a questi si aggiungono circa diecimila volumi manoscritti e a stampa e diciottomila fotografie, per lo più radunate in album. Per rilevanza storico-artistica e collezionistica spiccano il nucleo di iconografia sabauda (pittura, scultura, grafica) radunato nella prima metà del XX secolo, soprattutto da Umberto II di Savoia; la collezione dedicata alla Sacra Sindone; gli arredi disegnati da Pelagio Palagi negli anni trenta dell’Ottocento, destinati all’ammodernamento della residenza nel periodo carloalbertino e realizzati da diversi artisti, tra cui Gabriele Capello, Henry Thomas Peters e Giuseppe Gaggini; la raccolta di armi e oggetti etnografici; il patrimonio bibliografico e fotografico.
Il parco, che si è andato trasformando in parallelo ai mutamenti architettonici del castello, è, al pari di quest’ultimo, elemento identitario del Complesso e del contesto paesaggistico. Storicamente si afferma sia come luogo destinato allo svago e alla caccia, riplasmato secondo i canoni del giardino all’inglese prima da Giacomo Pregliasco e poi nell’Ottocento da Xavier Kurten, sia come area di produzione agricola e sperimentazione di tecniche botaniche, agrarie e zootecniche, con il ruolo di centro di rifermento per le attività produttive del territorio; oggi è una vasta area in equilibrio tra istanze paesaggistiche, antropiche, storiche, ambientali, faunistiche e produttive.