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Attività principali dell'istituzione

Il Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia, istituito nel 2022, unisce due città simbolo della Civiltà Etrusca. Comprende alcune delle necropoli più importanti e spettacolari nel contesto culturale preromano, come quelle della Banditaccia e dei Monterozzi, che dal 2004 fanno parte del patrimonio UNESCO. A queste si aggiungono due musei Nazionali, il Museo Archeologico Cerite e il Museo Archeologico di Tarquinia, ospitati in contesti architettonici prestigiosi, quali la Rocca Medievale di Cerveteri e Palazzo Vitelleschi a Tarquinia, gioiello dell’architettura laziale del Quattrocento.

A Cerveteri gli straordinari monumenti archeologici immersi nel paesaggio naturale, testimoniano l’ancestrale rapporto fra Uomo e Natura. La Necropoli della Banditaccia, si estende su una superficie di ca. 20 ettari e comprende centinaia di tumuli che celano e preservano tombe che abbracciano un ampio arco temporale compreso tra VIII e II secolo. a.C.

A Tarquinia, la Necropoli dei Monterozzi conserva centinaia di tombe (più di 500 dipinte, secondo gli studi più recenti). Alcune di queste, decorate con scene di atleti, cacciatori, pescatori, danzatori, suonatori, giocolieri e altri personaggi, oltre ad animali e oggetti di vita quotidiana, sono considerate, qualitativamente, la “tra le prime pagine della grande pittura italiana”. Oltre al valore artistico, le pitture tarquiniesi hanno considerevole valenza semantica ed escatologica, costituendo una sorta di finestra privilegiata sulla concezione etrusca del rapporto tra le gioie della vita terrena e i misteri dell’Aldilà.

Entrambi i Musei, il Cerite inaugurato nel 1967 e il Tarquiniese, inaugurato nel 1924, vantano reperti prestigiosi, tra i quali si possono ammirare vere e proprie icone, non solamente dell’Arte Etrusca, ma dell’Arte Universale. Come gli splendidi lavori di Euphronios, cratere e kylix, recentemente recuperati da Musei stranieri, o l'eccezionale kylix plasmata da Euxitheos e dipinta da Oltos; il sarcofago del Sacerdote, opera greca in marmo pario, o i Cavalli Alati, capolavoro della coroplastica etrusca, simbolo della città di Tarquinia. Un’eccellenza assoluta l’allestimento ricostruttivo delle tombe dipinte “strappate” negli anni ’50 del ‘900 al Museo di Tarquinia, tra le quali spicca quella del Triclinio, decorata da un artista greco attivo a Tarquinia all'inizio del V sec. a.C.

Il Parco ha il compito di conservare, tutelare e valorizzare i monumenti, le aree archeologiche e le collezioni storico artistiche di competenza. Contribuisce alla salvaguardia del suo patrimonio culturale; promuove l’educazione, lo studio, la ricerca e diffonde i risultati della propria attività, sia per la comunità scientifica che per il grande pubblico.

DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI CON RACCOLTA APERTA


RACCOLTA FONDI

Raccolta aperta

Raccolta aperta

FASE ATTUATIVA

Raccolta fondi

IMPORTO 33.000,00 €

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DESCRIZIONE INTERVENTO

La Tomba degli Anina, scoperta grazie alle prospezioni Lerici nel 1963 e scavata nel 1969, è un ipogeo a camera singola con pianta irregolare. L’ambiente, già violato e saccheggiato, è stato utilizzato per un lungo periodo da una delle famiglie più illustri e potenti della Tarquinia ellenistica. Le prime deposizioni funerarie, a partire dal capostipite della Gens, Larth Aninas, si datano tra l’inizio e la metà del III secolo a.C, per proseguire fino alla metà del I secolo.

Lungo le pareti di fondo e laterali corre una banchina composta da tre gradoni, sul cui piano orizzontale vennero realizzate le fosse da inumazione. I coperchi, scolpiti nelle forme dei defunti recumbenti o a guisa di semplice tetto displuviato, sigillavano le singole deposizioni.

Ai lati della porta d’ingresso, sono dipinti due demoni alati: Charun armato di martello e Vanth, che tiene una fiaccola per illuminare il buio percorso verso l'Ade. Sono figure particolarmente suggestive, tratteggiate con linee molto spontanee ed efficaci.

Anche sulla parete di sinistra sono rappresentati i medesimi personaggi infernali affrontanti, ma con minor enfasi e capacità artistica. Poco più avanti, sulla stessa parete, altre figure rese con il semplice contorno: una donna e un giovane affrontanti, forse in relazione con uno dei sarcofagi addossati alla parete.

Sulla metà sinistra della parete di fondo, in corrispondenza di due sepolture, è dipinta una decorazione con fregio superiore a kyma dorico, sotto il quale sono raffigurati festoni di foglie incrociate con un nastro rosso che guarniscono, sovrastandole, le iscrizioni funerarie.

Nella camera, concepita fin da principio da Larth Aninas per ospitare molteplici sepolture, sono stati rinvenuti 23 sarcofagi, con casse e coperchi che conservano tracce di pittura policroma. Numerose iscrizioni dipinte, oltre a quelle già menzionate della parete di fondo, restano in bella mostra sulle altre, riportando, per lo più, i nomi dei defunti. La sequenza di apposizione delle iscrizioni sui sarcofagi permette di seguire la vita del sepolcro almeno fino alla metà del II secolo a.C., ma i materiali superstiti rinvenuti al momento della scoperta, come il vasellame ceramico, gli oggetti di metallo, le armi, i frammenti di contenitori in vetro e in alabastro, si possono datare con buona approssimazione fino alla metà del I secolo a.C., confermando il lungo periodo di utilizzo del sepolcro.

La tomba è stata la prima, e ad oggi l’unica, in cui è stato installato un tunnel di vetro consentendo ai visitatori di entrare nella camera e apprezzarne le decorazioni senza alterarne il microclima.

Il sistema, che ha ormai circa trent’anni, non garantisce più la trasparenza dei pannelli vetrati - spesso ricoperti di condensa per l’inefficienza del sistema di riscaldamento - e comincia a mostrare segni di ossidazione sugli elementi metallici portanti.
La sua sostituzione con una struttura più idonea è necessaria per migliorare la fruizione dell’ipogeo con i suoi dipinti.


RACCOLTA FONDI

Raccolta aperta

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FASE ATTUATIVA

Raccolta fondi

IMPORTO 26.500,00 €

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DESCRIZIONE INTERVENTO

Percorrendo il corridoio del loggiato al primo piano del Museo Nazionale di Tarquinia, vi sentirete osservati dallo sguardo di alcuni personaggi adagiati sui loro letti.  Sono uomini e donne vissuti tra il III e il II secolo a.C., di cui ci restano le sembianze sui loro sarcofagi fittili. Questi volti vi sorprenderanno e con le diverse espressioni forse vi strapperanno un sorriso. I coperchi dei sarcofagi maschili raffigurano il defunto adagiato sul fianco, con i capelli disposti a ciocche o a frangia sulla fronte, volti larghi e fronti basse o distese. Gli occhi hanno iridi a dischetto, i nasi sono incurvati. Tracce di colore rosso restano sulle parti anatomiche. I defunti, distesi sulle klinai, vestono tuniche a maniche corte e mantelli sollevati sul capo e ostentano patere, corone di foglie e anelli. I sarcofagi hanno la fronte decorata da festoni di foglie legati da tenie annodate a fiocco.

Il sarcofago femminile denota numerose scheggiature e lacune; la figura ha la testa voltata verso sinistra, i capelli spartiti nel mezzo. Il volto dalla forma ovale ha fronte piana e arcate sopracciliari allungate, naso largo e appena incurvato. La bocca è stretta e pronunciata. La defunta veste una camicia a maniche corte, tunica altocinta con pieghe a cerchi concentrici sui seni e un himation sollevato sul capo. Il letto ha testata inferiore trapezoidale e cuscino rettangolare.

Su due coperchi le figure femminili hanno capelli ravviati verso l’occipite, visi minuti e triangolari con lunghe arcate sopracciliari; gli occhi mostrano palpebre rilevate e iride a dischetto; il naso è largo e dritto, le bocche strette. Una defunta ha camicia a maniche corte, tunica altocinta e himation sulla testa; l’altra ha tunica altocinta con pieghe a mandorla sui seni e ugualmente himation a coprire il capo. Diademi, orecchini a disco con pendenti, anelli con castoni di varia foggia le ornano mirabilmente. I giacigli sono klinai con testate a timpano o a semicerchio, decorate con motivo a zig zag o abbellite con cuscini frangiati.

 

Oggi questi reperti, che testimoniano l’alto livello artigianale raggiunto dalla coroplastica etrusca, non hanno lo spazio che meritano. Esposti alla polvere e al guano dei piccioni, necessitano di un accurato lavoro di pulitura, ma anche di un delicato restauro, che sostituisca e integri i vecchi interventi e che sia connesso con la valorizzazione. È già stata prevista, e a breve attuata, la sostituzione dei basamenti di sostegno, in legno e molto deteriorati, con altri in metallo. Contestualmente al restauro i sarcofagi verranno disposti su entrambi i lati del corridoio e illuminati in modo da consentire un migliore apprezzamento del modellato, dei dettagli raffigurati e delle policromie residue.

L’intervento prevede la pulitura delle superfici, il loro consolidamento con il fissaggio e la riadesione dei frammenti distaccati e l’integrazione delle lacune ove possibile.


RACCOLTA FONDI

Raccolta aperta

Raccolta aperta

FASE ATTUATIVA

Raccolta fondi

IMPORTO 24.000,00 €

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DESCRIZIONE INTERVENTO

Nel 1963, durante un tentativo di furto, venne deturpata la parete sinistra di una delle tombe più suggestive della Necropoli dei Monterozzi di Tarquinia. Due terzi del volto della “pulcella” e una bellissima donna stesa su kline a banchetto, allietata da un suonatore di chithara e servita da un giovane servo e dalla stessa fanciulla, vennero asportati e dispersi. Il volto del ragazzo invece, scomparso anch’esso in quell’occasione, ricomparve inaspettatamente in un museo tedesco, ne venne riconosciuta la provenienza, e fu restituito nel 1984. Oggi il frammento del volto è esposto al Museo archeologico di Tarquinia, nella sezione dei dipinti di alcune tombe della medesima necropoli, asportati dalle loro pareti tra gli anni ’40 e gli anni ‘60 del Novecento, con intenti conservativi.

Il progetto si propone di ricollocare il delicato reperto nel luogo di origine con un’operazione di doppio valore: simbolico, in primo luogo, per riflettere su come sia ancora attuale il problema del furto dei reperti e della loro immissione sul mercato clandestino, ma anche su come sia forte la volontà delle istituzioni di sanare una simile, scellerata ferita. In secondo luogo, per la convinzione che la fruizione dell’opera nel proprio contesto renda la visita, la percezione globale, lo studio, esperienze più esaustive e appaganti, agevolando la lettura e la comprensione dell’intera rappresentazione del simposio. Ancor di più poi, valutando che la Tomba della Pulcella è l’unica della Necropoli dei Monterozzi visitabile anche dalle persone diversamente abili, attraverso un percorso a loro dedicato.

La Tomba, databile alla fine del V secolo a.C., è stata scoperta nel 1865. Si accede all’ipogeo tramite un lungo dromos. Il soffitto è costituito da un doppio spiovente con finto trave centrale (columen), dipinti con fascioni rossi e bianchi. Nella parete di fondo è scavato un loculo sepolcrale a edicola, decorato ad imitazione di un tempietto tuscanico; nel timpano è raffigurata una maschera di gorgone, mentre sul fondo dell’edicola due geni alati sono rappresentati nell’atto di stendere un telo sul defunto. Due suonatori, di flauto e di cetra, li fiancheggiano ai lati, mirabilmente abbigliati con sofisticate vesti dai tessuti trasparenti, così come incredibilmente elaborati sono gli abiti delle due coppie a banchetto sulle pareti laterali, vero sfoggio di un campionario delle più preziose e mirabili stoffe etrusche.

 

L’intervento di restauro prevede una prima verifica degli strati di intervento realizzati sul retro del frammento e la loro eventuale rimozione se non di materiale idoneo alla conservazione in ambiente ipogeo e a elevata umidità relativa.

Si dovrà di conseguenza pensare a un nuovo strato di intervento e alla formulazione di malte idonee per ricollocare il frammento nella sua posizione originaria, cosa resa possibile dalla documentazione fotografica antecedente al furto dei dipinti.