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Descrizione di carattere storico artistico relativa all’oggetto

Nonostante il suo cattivo stato di conservazione, le tante lacune ed abrasioni, si tratta di uno dei quadri del tardo-manierismo napoletano più celebrati dalle fonti e dalle guide antiche della città, da D’Engenio (1623), Tutini (1667 circa), Sarnelli (1685) e Celano (1692) sino a De Dominici (1742-45), Sigismondo (1788), Catalani (1845) e Galante (1872), che lo ricordano sempre con apprezzamento, come “dipinto assai bene, con colori vivissimi, e molto ben disegnato” e lo riferiscono sempre al poco noto pittore locale Cesare Turco, un artista che, a detta del D’Engenio “fiorì nel 1560”.

Cesare Turco è, per il resto, una personalità piuttosto misteriosa. A detta del biografo settecentesco De Dominici era nato ad Ischitella, in Capitanata, e questo dettaglio consente di identificarlo con tutta probabilità con quel “Cesare Laganaza di Ischitella” che nel 1549 entrava come tirocinante nella bottega di Pietro Negroni, un pittore calabrese attivo a Napoli e dal quale potrebbe aver ben appreso sia quelle componenti espressive e di radice ancora polidoresca, sia quelle orientate verso il manierismo romano di metà secolo che s’individuano nelle fisionomie molto caratterizzate e nel paesaggio rovinoso “all’antica” del nostro Battesimo.

Come “Cesare Turco” l’artista è documentato in città nel 1559 e nel 1568, in contatto coll’altro pittore Michele Curia, padre del più noto Francesco, in società col quale Turco realizzava – appunto nel ’68 – un polittico con l’Annunciazione e santi per la cappella del barone di Latronico in San Lorenzo Maggiore che ancora si conserva e che in alcune sue parti si confronta efficacemente col nostro Battesimo; mentre non è certo si riferiscano a lui altri documenti, fra il 1573 e il 1588, intestati a un Cesare “della Laganazza” o “della Lagonessa”.

Insieme col più modesto Michele Curia, cogli altri pittori campani Decio Tramontano, Giovann’Angelo Criscuolo, Deodato Guinaccia e Donato Piperno e con quello salentino Gianserio Strafella, Cesare Turco l testimonia, nel corso della seconda metà del Cinquecento, l’esistenza di una “terza via”, intermedia tra la pittura realistica e devota, fedelmente ispirata ai principi della Controriforma, dei meridionali Giovan Bernardo Lama e Silvestro Buono e il manierismo di tradizione tosco-romana dell’immigrato Marco Pino.

Informazioni sullo stato della conservazione

Il dipinto è in cattivo stato di conservazione: il supporto ligneo non presenta gravi danni anche se la fibra legnosa appare leggermente impoverita e quindi digregata. I danni più gravi interessano il recto del dipinto: il film pittorico è in molti punti completamente distaccato e la preparazione è fortemente polverizzata. I distacchi sono visibili per una craquelure in alcuni casi assai pronunciata, e in altri per microfessurazioni visibili a luce radente.

La superficie pittorica è offuscata per una forte alterazione pigmentale delle vernici ossidate. Sono presenti lacune diffuse e di media entità, oltre che abrasioni della pellicola pittorica.

Informazioni sulla fruizione e orari di apertura

L’intervento che si vuole finanziare è il restauro conservativo ed estetico della tavola dipinta. Il dipinto verrà musealizzato.

DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI CON RACCOLTA CHIUSA


RACCOLTA FONDI

Raccolta chiusa

Raccolta chiusa

FASE ATTUATIVA

Fine Lavori

IMPORTO 21.000,00 €

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DESCRIZIONE INTERVENTO

L'intervento sulla tavola dipinta di Cesare Turco avrà come obiettivo il restauro conservativo ed estetico del manufatto per restituire all'opera leggibilità e scongiurare processi di degrado che attualmente in atto sono lesivi della conservazione del bene.

Le prime fasi saranno tese a un'accurata campagna diagnostica tesa da un lato all'identificazione dei materiali costitutivi e degli agenti causa di degrado, fornendo così informazioni utili alla definizione di tecniche e materiali per il suo restauro, dall'altra sia al servizio di una più approfondita conoscenza del bene che aiuti ad ampliare le informazioni relative all'autore e all'epoca di appartenenza, arricchendo così i dati sulla pittura del cinquecento nell'Italia meridionale.

Dopo le operazioni di conoscenza preliminari si procederà con le fasi del restauro conservativo che possono essere sinteticamente descritte come disinfestazione e disinfezione del supporto ligneo, suo consolidamento, ristabilimento dell'adesione degli strati preparatori al supporto e della pellicola pittorica, eventuali operazioni di miglioramento della planarità o integrazione della tavola lignea. Le operazioni proseguiranno poi con la pulitura, l'integrazione materica e pittorica del recto, operazioni che andranno attentamente valutate sulla base dei risultati diagnostici e sulla base dell'avanzamento delle operazioni di pulitura. Le operazioni abbracceranno le pratiche del minimo intervento per rispettare il più possibile un manufatto testimonianza importante della pittura dell'Italia meridionale in età moderna e parte del pregevole apparato decorativo di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, pregevole luogo di culto nel centro antico della città. Alla fine del restauro la tavola sarà musealizzata per essere poi ricollocata nella chiesa di origine.​


NOTE Intervento archiviato