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Descrizione di carattere storico artistico relativa all’oggetto

Nell'area antistante l'ex chiesa abbaziale di Santa Maria della Vangadizza (secc. X-XVIII), nell'attuale Piazza Vangadizza, sono collocate due arche sepolcrali poste in posizione sopraelevata e sorrette da quattro pilastri in pietra. L'arca di sinistra, rispetto al portale della chiesa, è un monumento funebre in marmo bianco di notevole pregio. Appartenente al modello "a cassapanca", l'arca è ornata sulla faccia principale da due croci a bracci espansi e da una ghirlanda centrale. Il motivo decorativo, di chiaro stampo cristiano, rimanda alla produzione ravennate del VI secolo, mentre il coperchio del tipo "a capanna" ha un motivo decorativo su entrambi i lati caratterizzato da sei archi sostenuti da semicolonne con capitelli corinzi. Due croci a bracci espansi impreziosiscono i lati corti del coperchio. Acroteri in forma di protomi femminili caratterizzano i quattro angoli del coperchio. L'arca di destra è in marmo rosso di Verona appartenente al modello "a cassapanca". La base è priva di decori e iscrizioni, mentre il coperchio sembra essere stato abbozzato nelle decorazioni così come nelle protomi. L'arca sembra essere composita e non il frutto di un unico monumento funebre. Le arche sono probabilmente sarcofagi di epoca romana o paleocristiana reimpiegati e modificati in fasi storiche successive e utilizzati con grande probabilità nel corso dei secoli per sepolture di importanti personalità. La presenza di arche funerarie di tipologia romana è in accordo con la presenza nell'area sottostante dell'attuale Piazza Vangadizza e nel sedime del complesso abbaziale di un'area cimiteriale medievale, utilizzata probabilmente già in epoca tardoantica e romana e di numerosi manufatti a carattere funerario di età romana presenti in Abbazia. L'ipotesi che le arche possano essere di epoca più recente non deve comunque essere esclusa, in quanto in epoca altomedievale, tra il Veneto e il Ravennate, era diffusa la pratica di costruire arche sepolcrali su modelli del VI secolo. 

L'Abbazia della Vangadizza è stata fondata e ampliata da altissimi funzionari dell'aristocrazia del Regno Italico del X secolo, come i marchesi Almerico II e Ugo di Tuscia, divenuta nell'XI secolo centro di controllo obertengo in area veneta. Sulla base delle fonti storico-documentali è possibile formulare delle ipotesi su chi possa essere stato sepolto al loro interno. L'ipotesi più probabile è che le arche siano stati i sepolcri di Adalberto Azzo II (+ 1097), appartenente alla potente famiglia nobiliare degli Obertenghi e primo marchese d'Este, e di Azzo VI (1170-1212), suo pronipote, marchese d'Este e signore di Ferrara, deposti assieme alle rispettive mogli: Cunegonda dei Welfen (1020-1057) e Alice di Chatillon (1181-1235). La dinastia degli Obertenghi a partire dal XII secolo si divise dando origine a diversi gruppi dinastici, dai quali nel corso dei secoli si arrivò alla casata degli Hannover che oggi risulta proseguire nell'attuale casa regnante inglese dei Windsor. 

Informazioni sullo stato della conservazione

Il bene si trova in buone condizioni conservative. Tuttavia essendo materiale lapideo collocato in spazi esterni ed essendo soggetto quindi a umidità, precipitazioni e inquinamento atmosferico, presenta una patina sulla superficie. 

Informazioni sulla fruizione e orari di apertura

Essendo collocate in una piazza pubblica, le arche sono fruibili sempre. 

 

DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI CON RACCOLTA CHIUSA


RACCOLTA FONDI

Raccolta chiusa

Raccolta chiusa

FASE ATTUATIVA

Fine Lavori

IMPORTO 9.000,00 €

DESCRIZIONE INTERVENTO

Il progetto prevede la ricognizione e lo studio bioarcheologico dei resti conservati nelle arche sepolcrali di Piazza Vangadizza, con l'obiettivo di verificare in primis il contenuto delle stesse e di conservare in maniera adeguata il materiale ritrovato. L'intervento, effettuato dalla Divisione di Paleopatologia dell'Università di Pisa, dal Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell'Università di Pisa e dal Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, in collaborazione con il Museo delle Mummie di Borgo Cerreto (PG) e approvato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza ha previsto, previo studio storico-documentale, un'ispezione endoscopica all'interno delle due arche sepolcrali, dalla quale è emersa la presenza di materiale di natura eterogenea. I risultati positivi hanno permesso di ottenere l'autorizzazione all'apertura delle arche da parte della Soprintendenza territoriale di competenza. Si è proceduto pertanto alla fase operativa, che ha previsto il sollevamento dei coperchi delle arche da parte di una ditta specializzata, seguito dal recupero e dalla documentazione del materiale ritrovato all'interno delle stesse. In concomitanza è stata effettuata un'analisi del microclima della deposizione. Il deterioramento biologico dei resti e dei manufatti rappresenta un problema notevole per la conservazione del patrimonio culturale, sia esso organico che inorganico. Ciò è particolarmente vero soprattutto per i resti conservati nelle arche sepolcrali. Uno degli scopi di questo intervento è per l'appunto quello di monitorare i parametri ambientali quali umidità, temperatura e luminosità. Sulla base dei risultati ottenuti, sarà quindi possibile definire le misure necessarie per proteggere i resti da ulteriori processi di degradazione e per determinare le condizioni ambientali idonee per una conservazione a lungo termine degli stessi. In seguito al recupero del materiale, le arche sono state chiuse. Il materiale è stato documentato, fotografato e suddiviso per tipologia. L’intervento è proseguito poi con una pulitura del materiale e un restauro conservativo minimale dello stesso, ovvero pulitura con lavaggio in acqua, eliminazione dei depositi terrosi e asciugatura all'aria in ambiente protetto. Dopo l'asciugatura è stato eseguito un restauro conservativo minimale che è consistito nella ricomposizione dei resti che si presentavano in frammenti, con conseguente catalogazione. È seguito poi uno studio antropologico e paleopatologico attraverso differenti tipologie di analisi. I resti sono stati depositati in ambiente idoneo, nell'attesa di definire una collocazione permanente, mentre le arche sepolcrali sono fruibili dal pubblico. Il progetto verrà sostenuto dal contributo di una fondazione bancaria.