Descrizione di carattere storico artistico relativa all’oggetto
Sulla sponda settentrionale del lago di Nemi si trovano i resti del Santuario di Diana e un tratto della via Virbia, testimonianze del paesaggio antico ancora in parte visibili. Il Santuario, risalente al IV secolo a.C., era un luogo di culto dedicato a Diana, Virbio ed Egeria.
Durante l'età augustea, il complesso fu quasi interamente ricostruito con la costruzione del clivus Aricinus (via Virbia), che collegava Genzano al Santuario.
Nel 1933, a seguito delle attività di scavo, l'architetto Vittorio Morpurgo fu incaricato di progettare un Museo in grado di instaurare un legame visivo ed emotivo con il paesaggio antico. Una delle sfide fu l'integrazione della via Virbia, la cui struttura sarebbe stata intercettata dal nuovo edificio. La soluzione adottata fu lasciare la strada visibile sotto la chiglia delle navi, in uno scavo profondo circa 50 cm, senza interrompere le gradinate di accesso agli invasi destinati agli scafi.
Oggi il Museo ospita espone reperti delle navi e altri materiali archeologici, tra cui una sezione dedicata ai ritrovamenti dalla collezione Ruspoli.
Il basolato romano conservato da Morpurgo attraversa trasversalmente l'area museale, costituendo una testimonianza tangibile dell'antica via di accesso al santuario.
La strada conservata misura circa 26 metri di lunghezza e 2,46 metri di larghezza a circa un metro sotto il livello dell'aula espositiva. I margini longitudinali a scivolo sono delimitati da pietre di varie dimensioni.
L'opera, costruita con impiego di materiali e tecniche secondo un preciso criterio, prevedeva fondamenta stratificate per garantire durata e flessibilità. Il piano di calpestio, detto summum dorsum, è composto da lastre di basalto poligonali, perfettamente incastrate. La parte inferiore del basolo, a tronco di cono, permetteva un ancoraggio stabile, rafforzato da materiali inerti con funzione drenante per lo smaltimento delle acque. Il basalto, roccia vulcanica densa e compatta, si distingue per il colore scuro, prevalentemente nero, e per la sua composizione, dominata da plagioclasio basico, augite e olivina. L'uso del basalto e delle raffinate tecniche costruttive ha garantito la resistenza della strada nel tempo.
Informazioni sullo stato della conservazione
Il rilievo dello stato di conservazione evidenzia vari fenomeni di degrado su tutta la superficie, con impatti diversi in termini di percentuale e integrità.
Il principale problema è la frammentazione e scagliatura del lastricato, che ha causato una progressiva perdita di materiale, soprattutto nella zona centrale della strada.
Sebbene il basalto sia una roccia resistente, in determinate condizioni ambientali può subire modificazioni chimiche e fisiche. Le cause principali del degrado sono due: la risalita capillare dell'umidità dal terreno che indebolisce gli strati sottostanti, provocando fratture multidirezionali e cedimenti dei conci di rivestimento e le azioni antropiche esterne, che fin dalle epoche più remote hanno causato abrasioni superficiali, rendendo il basalto sempre più vulnerabile alla perdita di materia.. Inoltre, in molte zone sono visibili i segni lasciati da aratri e altri strumenti agricoli.
Altri fenomeni minori di degrado, come i depositi incoerenti, alterano e nascondono parzialmente i colori originali del basolato, compromettendo la sua leggibilità.
Informazioni sulla fruizione e orari di apertura
La strada attraversa trasversalmente l'area museale, inserita nel percorso museale dell’ala espositiva di destra. L’accesso dal lato corto attraverso gradini ascendenti rende fruibile ai visitatori il bene, offrendo la possibilità di un approccio visivo e tattile.
Visitabile dal martedì alla domenica dalle ore 9.00 alle ore 19.00 con orario continuato.