Descrizione di carattere storico artistico relativa all’oggetto
I due dipinti realizzati dal pittore veneto Sebastiano Ricci appartengono alla sezione de " I grandi Cicli Mitologici" esposta nei saloni ottocenetschi della Galleria Nazionale e raffigurano Diogene e Alessandro e Il sacrificio di Muzio Scevola.
La prima tela è dedicata al filosofo di Sinope (413-323 a.C.), il vecchio cinico che predicando il ritorno alla natura, l’abolizione del superfluo e l’austerità come condotta di vita, si ritirò a viver dentro una botte, come raccontato da Diogene Laerzio. Il soggetto si riferisce all’episodio leggendario in cui Alessandro si reca dal filosofo e gli chiede cosa desiderasse di più e Diogene rispose chiedendogli semplicemente di spostarsi perché gli oscurava il sole. Il contrasto tra potere e povertà è narrato in modo emblematico nella differenza di abbigliamento dei protagonisti: Alessandro indossa un cimiero piumato e ampi mantelli, Diogene nudo esibisce la sua magrezza e la sua dignità, in quel gesto di allontanamento che il braccio lungo e scarno produce sfiorando le vesti.
Nella seconda tela la scena è ambientata nell'accampamento degli etruschi guidati da Porsenna: il protagonista Caio Muzio Scevola, giovane patrizio romano che aveva passato le linee nemiche con l'intento di uccidere Porsenna che aasediava Roma, uccise erroneamente il segretario del re e fu scoperto. Lo storico Tito Livio narra che Muzio Scevola per l'errore commesso pose la mano destra sulle fiamme e la lasciò bruciare destando la meraviglia di Porsenna che ne ordinò la liberazione.
Nei due dipinti databili tra il 1691 e il 1695 circa, si notano le stesse cromie e l’andamento narrativo delle altre tele del gruppo, anche se qui sono più evidenti le influenze della pittura napoletana secentesca, con accentuazioni desunte dagli esempi della pittura spagnola di Ribera, soprattutto nella muscolatura del corpo scarno e nel grande libro sul quale il filosofo sta meditando. Questo stile intenso e fortemente espressivo, che procurò a Ricci molta ammirazione, è ancora lontano dalle novità che sperimenterà nelle tele successive, più indirizzate al recupero della pittura veneta cinquecentesca e all’esaltazione di colori più vivi e all’uso di tinte pastello.La tela, come le altre quattro della serie, giunge in Galleria nel 1972 dagli Ospedali Riuniti di Parma, dove erano state lasciate in eredità da don Carlo Panizza.
Informazioni sullo stato della conservazione
I due dipinti presentano un stato conservativo non ottimale, caratterizzato da fenomeni di deformazione ed alterazione del supporto in tela. Le principali cause del degrado sono da attribuirsi alle variazioni termoigrometriche a cui furono sottoposte le opere nell’ambiente espositivo e al cattivo tensionamento su un telaio inadatto.
Tali deformazioni hanno generato delle variazioni dimensionali del supporto che hanno portato alla formazione di crettature e di cadute di colore nei punti di maggior debolezza. In seguito all’applicazione di materiali di origine proteica impiegati in un vecchio restauro, si sono manifestati fenomeni di infezione biologica, che hanno ulteriormente peggiorato lo stato conservativo.
Informazioni sulla fruizione e orari di apertura
Da martedì a domenica 10.30 - 18.30; lunedì chiuso