Descrizione di carattere storico artistico relativa all’oggetto
Sappiamo che l’acquedotto ebbe due momenti evolutivi: dapprima raccolse le acque della sorgenti del Monte Ingino e poi dal 1327, venne allungato per captare le acque della sorgente del Monte Foce, poggiando la sua struttura per un primo tratto sopra la sottostante e più antica costruzione del Bottaccione, sbarramento idrico del torrente Camignano.Notizie molto importanti in merito all’allungamento dell’acquedotto ci vengono fornite da un documento successivo di poco a quello del 3 Agosto 1326 relativo all’esistenza della Fonte dell’Arengo. Infatti, il 20 Gennaio 1327, in Consiglio Comunale viene deliberato che “l’acqua della vena che è alla base di quella roccia che si trova presso il molino distrutto che è, anzi fu, sopra il ponte che conduce al Castello della Pergola, e attraverso il quale è consuetudine raggiungere il Monte Foce, venga convogliata con un acquedotto, all’acquedotto che porta l’acqua alla Fonte dell’Arengo”.Questo passaggio segna, di lì a poco, l’inizio della costruzione di questa ardita opera pubblica, arricchendo la “conserva” della Fonte dell’Arengo e favorendo l’alimentazione di diverse fonti pubbliche.Contemporaneamente alla costruzione dell’acquedotto si pensò di regolamentare, nello stesso punto in cui aveva inizio l’acquedotto, il flusso del Torrente Camignano con uno sbarramento, creando l'invaso del Bottaccione.L’acqua veniva fermata da un muro di pietra scalpellata della grandezza di 30 metri che unisce i due monti, Calvo e Ingino, nel punto in cui formano una specie di baratro. Il bacino che ne risultava aveva, ed in parte ha ancora, la forma di un trapezio e quando è pieno dà luogo ad un piccolo lago. La fuoriuscita dell’acqua raccolta, regolata opportunamente, permetteva una costanza di lavoro ai numerosi molini della Foce anche in tempi di “magra”. L’8 Settembre 1377 il Consiglio Comunale delibera di affidare a cottimo i lavori di restauro e copertura dell’acquedotto, dato che l’acqua scorreva all’aperto.Nel 1435 viene nuovamente restaurato, nel 1492 viene fortificato un tratto del suo tragitto con un arco come contrafforte. Il 23 giugno 1548 il Comune affida per un anno la manutenzione dell’acquedotto a due soprastanti. Fissa anche le norme per l’erogazione dell’acqua: di giorno un terzo dell’acqua dovrà essere per la Fonte di San Giuliano, un terzo per la Fonte del Fosso e un terzo per il Palazzo dei Consoli; di notte due terzi per la Fonte del Fosso e un terzo per il Palazzo dei Consoli. Con il passare degli anni i restauri dell’acquedotto si susseguono incessantemente. Nel 1733 il Papa Clemente XII elargisce 500 scudi per restauro, ed il popolo eugubino commemora l’avvenimento con una lapide. Il 27 Febbraio 1816 viene presentato un progetto di restauro. Dal 1914, insieme allo sbarramento del Bottaccione, l’acquedotto è stato riconosciuto “Monumento Nazionale”.
Informazioni sullo stato della conservazione
L’antico acquedotto di Gubbio parte da una galleria di captazione dell’acqua sorgiva posta in prossimità della diga denominata “Bottaccione” e si inoltra nella Gola formata dai Monti Ingino e Foce, ad oltre seicento metri di altezza.E’ una imponente opera muraria che si snoda principalmente sulle pendici ovest del Monte Ingino e che dopo un percorso di circa 1.6 Km, giunge nella parte alta della città a ridosso del primo insediamento medievale dove oggi si trova l’area monumentale comprendente il Palazzo Ducale, la Cattedrale, il Palazzo dei Consoli oltre alle mura urbiche e al “Cassero” (facente parte del sistema difensivo della città medioevale) entro il quale il condotto termina come struttura muraria.L’acquedotto è un'opera architettonica di stretta pertinenza civile, che trasportava e ancora porta acqua, dopo ottocento anni, dalla sorgente di captazione, che si trova – come si è detto - nel lato est di Monte Calvo, antico Monte Foce, nei pressi dell'alveo del torrente Camignano, sino al serbatoio di raccolta e di distribuzione dell'acqua posto a monte della città all'interno della sua cinta muraria difensiva.
L’acquedotto si sviluppa per circa 1.600 m. sulla costa ripida e strapiombante del Monte Ingino ed il suo tracciato non è altro che una lunga linea spezzata che procede tra una quota altimetrica compresa tra i 600 del punto di adduzione dell’acqua alla sorgente ed i 575 m.s.l.m. del punto terminale ove è sito il serbatoio di distribuzione con un dislivello di circa 25 ml. Lo stato di conservazione del bene è buono dopo i recenti lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza del camminamento, risultano altresì necessarie attività di valorizzazione e soprattutto di migliore fruibilità nell'accesso all'intinerario monumentale e naturilstico individuato dalle fonti come "percoso degli antichi Umbri".
Informazioni sulla fruizione e orari di apertura
Il percorso degli antichi Umbri utilizza la pedonabilità dell'acquedotto medievale che risulta accessibile, previo accompagnamento, dalle 8.00 alle 16.30 in inverno/autunno e della 8.00 alle 20.00 in primavera/estate essendo modulato in base all'illuminazione naturale dell'area.