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Descrizione di carattere storico artistico relativa all’oggetto

Il santuario è situato ad ovest della frazione di Magno di Gardone V.T. in cima al monte Cimone, raggiungibile in 20 minuti di camminata, e si presume che all’inizio fu un eremo dove i Benedettini abbiano dedicato la struttura alla SS. Trinità e a San Bartolomeo. Tale costruzione fu riedificata dal 1737 al 1742, le ultime modifiche di ristrutturazione furono eseguite negli anni ’50 del secolo precedente e negli anni ’90 tali lavori riguardarono più che altro il tetto della struttura.

I dipinti murali, tutti di mano di Pietro Scalvini, sono costituiti dalle quadrature architettoniche illusionistiche dell’area del presbiterio e da inserti figurativi. Di mano dello Scalvini sono anche le finte finestre delle volte del presbiterio e della navata e costituiscono ancora parte integrante dell’apparato decorativo settecentesco le tinte piatte a calce che rivestono la volta e le pareti della navata, giocate sull’accordo cromatico tra l’azzurro, il giallo pallido e il rosato. La facciata esterna conserva tracce della policromia settecentesca nel secondo registro, dove si scorgono, ai lati del finestrone centrale due campiture rosate. In conseguenza della collocazione in montagna, dell’affluenza dei fedeli e del tempo ovviamente i dipinti murali interni e gli intonaci esterni necessitano di interventi di conservazione e restauro.

Informazioni sullo stato della conservazione

In conseguenza della collocazione in montagna, lontano dalla viabilità tradizionale - la chiesa si può raggiungere solo a piedi - in mancanza di impianti di riscaldamento di qualsiasi tipo, in virtù dell'affollamento dei fedeli solo in pochissimi giorni dell'anno, i dipinti murali del santuario di San Bartolomeo di Magno vantano una conservazione eccezzionale. Ma anche la tecnica esecutiva particolarmente accurata, condotta secondo le regole del buon frescoa, ha garantito e garantirà la durata di questo complesso artistico che costituisce una delle migliori testimonianze del Barocchetto lombardo. I pochi segni di degrado sono dovuti alle vecchie infiltrazioni dal tetto che hanno prodotto macchie e aloni solo nelle volte della navata. Alcune perdite di colore con formazione di sali sono dovute ai dilavamenti della pioggia sulle pareti esterne che provocano traslazione di umidità attraverso le lacune dell'intonaco esterno, approffittando delle fessure sul perimetro delle pietre sbozzate che si alternano ai mattoni nella tessitura muraria che non sono più coperte dalla malta. Infine, la condensa della naturale umidità interna sulle porzioni di muratura che all'esterno sono ricoperte da malte cementizie non traspiranti e cehe mantengono fredda la parete, provoca la formazione di altri sali (zoccolo marmorizzato sotto la scena del Miracolo di S. Isidoro, striscia centrale della mensa dell'altare dell'Immacolata, striscia tra i capitelli dell'arco sopra la porta laterale a nord. Su tutte le superfici affrescate è presente un leggero velo di pulviscolo depositatosi nel tempo.

Informazioni sulla fruizione e orari di apertura

Fruizione in particolari ricorrenze e nelle domeniche di estate

DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI CON RACCOLTA CHIUSA


RACCOLTA FONDI

Raccolta chiusa

Raccolta chiusa

FASE ATTUATIVA

Fine Lavori

IMPORTO 45.000,00 €

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DESCRIZIONE INTERVENTO

Il santuario è situato ad ovest della frazione di Magno di Gardone V.T. in cima al monte Cimone, raggiungibile in 20 minuti di camminata, e si presume che all’inizio fu un eremo dove i Benedettini abbiano dedicato la struttura alla SS. Trinità e a San Bartolomeo. Tale costruzione fu riedificata dal 1737 al 1742, le ultime modifiche di ristrutturazione furono eseguite negli anni ’50 del secolo precedente e negli anni ’90 tali lavori riguardarono più che altro il tetto della struttura.

I dipinti murali, tutti di mano di Pietro Scalvini, sono costituiti dalle quadrature architettoniche illusionistiche dell’area del presbiterio e da inserti figurativi. Di mano dello Scalvini sono anche le finte finestre delle volte del presbiterio e della navata e costituiscono ancora parte integrante dell’apparato decorativo settecentesco le tinte piatte a calce che rivestono la volta e le pareti della navata, giocate sull’accordo cromatico tra l’azzurro, il giallo pallido e il rosato. La facciata esterna conserva tracce della policromia settecentesca nel secondo registro, dove si scorgono, ai lati del finestrone centrale due campiture rosate. In conseguenza della collocazione in montagna, dell’affluenza dei fedeli e del tempo ovviamente i dipinti murali interni e gli intonaci esterni necessitano di interventi di conservazione e restauro.

Nel 2022 si è aggiunto il restauro della facciata, dei portali e della cappella originaria del '400.


NOTE Intervento archiviato