La Biblioteca comunale è intitolata al riminese Alessandro Gambalunga, suo fondatore, che con testamento rogato a Pesaro nel 1617 la lasciò alla città insieme al suo palazzo, stabilendone e garantendone l’uso pubblico, grazie al lascito di una dotazione di trecento scudi annui, destinati all’incremento delle collezioni e allo stipendio del bibliotecario. La Gambalunghiana, ereditata dal Comune di Rimini alla morte del giureconsulto riminese, avvenuta nel 1619, fu dunque la prima biblioteca pubblica aperta in Italia, nel duplice significato di biblioteca civica e biblioteca aperta a tutti i cittadini. Questo atto di fondazione è l’espressione di un’attenzione per il bene pubblico e di una fiducia nella forza della cultura per il riscatto dell’uomo, che fanno dell’esperienza della Biblioteca Gambalunga un esempio di grande significato per la storia della cultura occidentale, il simbolo di una concezione di biblioteca che contiene già in nuce i principi oggi declarati nei vari documenti internazionali (IFLA, UNESCO), che sanciscono il ruolo centrale delle biblioteche quali agenti del benessere sociale, in relazione a quattro istanze fondamentali: democrazia e cittadinanza, sviluppo economico e sociale, formazione permanente, integrazione sociale e culturale. La Biblioteca Gambalunga, grazie alla bellezza delle sue sale storiche e all’importanza bibliografica delle sue collezioni, ricche di manoscritti provenienti da ogni parte di Europa, codici miniati, libri antichi, periodici letterari e scientifici, fonti testuali e iconografiche che coprono una storia plurisecolare, nel 2015 è stata inserita da Rai letteratura fra le 28 biblioteche italiane “che almeno una volta nella vita andrebbero visitate”. Oggi la biblioteca, che compie quattro secoli, è costituita da un sistema complesso di biblioteche interconnesse, cablate e in rete: 324.100 libri, di cui 60.000 antichi, 1.350 codici 384 incunaboli, 5000 cinquecentine, 1350 codici; 2.400 periodici (di cui 220 in corso); 17.000 libri per i bambini, oltre 7.000 incisioni e disegni, oltre un milione di fotografie.
Il progetto prevede l'incremento delle collezioni, l’acquisizione di fonti iconografiche e bibliografiche, attività espositive e pubblicazioni, promozione di eventi
Pensare alla biblioteca come “luogo” della comunità, significa coniugare la sua natura di archivio secolare della memoria collettiva cittadina, in cui si conservano le memorie pubbliche e private della città sotto forma di documenti e libri, con l’aspetto funzionale di uso collegato alla soddisfazione dei bisogni informativi, conoscitivi e formativi dei cittadini, e quello di centro di produzione della cultura. Ciò deve tradursi in una politica culturale che garantisca un adeguato incremento delle collezioni (libri e documenti sui diversi supporti) per favorire l’aggiornamento delle conoscenze nei vari ambiti disciplinari; l’acquisizione di fonti iconografiche e bibliografiche di interesse riminese a integrazione delle raccolte esistenti, quali strumenti fondamentali per riappropriarsi del passato e per la sua spiegazione. La sfida della biblioteca deve essere quella di saper coniugare il suo naturale ruolo di tutela e conservazione, di produzione e divulgazione della cultura e dell’informazione, con quello di luogo della comunità in cui trovare occasioni di aggiornamento e apprendimento, da realizzarsi attraverso attività espositive, eventi quali workshop dedicati alla poesia, alla lettura, alla musica, alla scrittura, presentazioni di libri; rassegne quali la “Biblioterapia. Come curarsi (o ammalarsi) coi libri”, progetto che indaga ogni anno un tema “nodale” della nostra cultura attraverso le parole e le idee di scrittori, filosofi, psicoanalisti, teologi, storici dell’arte, letterati e scienziati, che prevede anche una sezione dedicata ai bambini.
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