L'attuale struttura architettonica del monastero e della chiesa di Santo Stefano e di S. Chiara delle Clarisse di Imola, risale alla metà del XVIII° secolo, data in cui l'Ordine monastico delle Clarisse ne decise la completa riedificazione. Artefice principale di questa imponente opera edilizia fu l'architetto Cosimo Morelli, uno dei più significativi esponenti della Scuola Neocinquecentesca e, in assoluto, il più fertile costruttore di edifici religiosi nelle Legazioni Pontificie.I lavori del progetto sono relativi ad interventi di manutenzione delle facciate per la presenza di alcuni fenomeni di degrado dovuti principalmente agli agenti atmosferici ed all’inquinamento urbano, all’umidità di risalita dal terreno, alla vetustà dei materiali e dei manufatti, alla scarsa manutenzione. La posa della prima pietra della Chiesa antica risale all'anno 1377, essendo Vescovo d'Imola Lito degli Alidosi, dedicata anch'essa, come la primitiva di fuori porta e l'attuale, al Protomartire S. Stefano.
In un inventario fatto in occasione della Visita Canonica Marelli del 6 Dicembre 1741, relativo alla Chiesa e Monastero di S. Stefano prima dell'intervento, questa viene descritta di forma pressoché quadrata e di aspetto nobile e vetusto, lunga ventisette piedi e larga venti. Come l'attuale, aveva tre altari, a muro, con ancone di legno, intagliate artisticamente ed indorate. Il maggiore era sormontato da un baldacchino guarnito di damasco, sormontato da ricca cornice di legno, parimenti indorata. Soffitto e pareti contenevano pitture a fresco e ad olio dell'imolese Giovanni Battista Marconi.
La Chiesa attuale, costruita sotto la direzione di Domenico Petrocchi e su disegno di Cosimo Morelli, è una delle opere più complete ed armoniose di questo nostro valente architetto.
I tre imponentissimi altari, che portano, evidente, l'impronta morelliana, sono, nel rivestimento esterno di finto marmo, opera, riuscitissima, dei celebri fratelli Della Quercia, imolesi, ed i sovrastanti puttini del riminese Antonio Trentanove.
Volta e cupola di questo autentico gioiello architettonico sono doviziosamente ornati con bellissimi stucchi di Domenico Trifogli e Felice Magistretti, milanesi. La facciata, non meno imponente ed armoniosa dell'interno (è stata restaurata nel 1955), ha capitelli e fregi in arenaria, opera di un ignoto scalpellino di Casola Valsenio.
Dei quadri di valore, che ornavano un tempo gli altari, due di Giacomo Cavedoni ed uno di Lorenzo Garbieri, notati dal Villa nella sua Guida ed asportati dai Francesi nel 1809 (conservasi memoria di un altro dipinto, scomparso posteriormente ed attribuito al Domenichino), non rimane oggi, purtroppo, che questo ultimo, raffigurante la Natività di Gesù e l'Adorazione dei Pastori. La Chiesa è fornita alcuni pregevoli apparati e di vasellame sacro di materia preziosa, il tutto in elenco presso la Soprintendenza.
Descrizione dell'intervento
I principali fenomeni di degrado sono:
distacchi e lacune dell’intonaco degli attacchi a terra, a causa dell’umidità di risalita, tutto l’intonaco esistente non è antico , si tratta di intonaco a base cementizia realizzato negli anni ’70 del ‘900 , quando il monastero e la chiesa furono restaurati integralmente; dilavamento della tinteggiatura; le arenarie presenti in facciata (capitelli, basamenti paraste, festoni decorativi ecc) si presentano disgregate e dilavate a causa degli agenti atmosferici e dell’inquinamento urbano; le parti metalliche sono spesso arrugginite; le grondaie sono da pulite per la presenza di guano, foglie, polveri ecc; i terminali in ghisa dei pluviali sono fratturati in vari punti , a causa dell’azione del gelo; l’antico portone di ingresso è danneggiato dal tempo e dalla mancata manutuenzone
Principali interventi di restauro: